La vela di Ale
Si parla spesso (e i giornalisti lo scrivono) del mio curriculum velico, ma penso di poter dire che non si parla mai di Alessandra, mia figlia e figlia d’arte.
- Ha navigato sempre con me per oltre 20 anni;
- è sempre stata il mio prodiere ogni sabato e domenica e ad ogni regata;
- ha iniziato a 5 anni come prodiere su un fly Junior in una regata notturna di S.Ercolano a Maderno sul Garda l’11 Agosto 1973, nella quale siamo arrivati secondi pur essendo partiti ultimi, e nonostante la riduzione di percorso causa pioggia e temporale che imperversavano;
- ha condiviso le mie soddisfazioni e le mie delusioni;
- i successi e le sconfitte (all’inizio veramente tante);
- il caldo delle piatte di Luglio sul Garda e il freddo invernale del Nord Europa;
- le nebbie più fitte di Cascais e il suono lugubre delle navi che incrociavano;
- le tempeste improvvise;
- i disalberamenti, la rottura di alberi e pericolose avarie;
- la resistenza di tenuta in regate della durata di oltre 24 ore;
- la fame e la sete per errori di alimentazione e di programmazione;
- gli sforzi muscolari e le paure di certe situazioni avventurose;
- la speranza di successi grazie ai miglioramenti costanti e continui alla imbarcazione e alle attrezzature;
- l’aspettativa della nuova imbarcazione;
- le gioie della vittoria;
- le lacrime per le sconfitte;
- l’impegno a progredire e migliorare;
- la decisione di voler vincere il mondiale;
- la meticolosità nella ricerca di tutte le migliorie, e la precisione nella loro realizzazione;
- la ricerca dei compagni d’equipaggio (con noi vengono solo coloro che non accettano mai la sconfitta, la quale può essere solo subita);
- le trasferte anche di migliaia di chilometri in auto trainando carrello con barca;
- il raggiungimento del podio mondiale per ben 2 volte, e di quello italiano per numerose volte fino alla soppressione della classe (quindi non siamo mai stati spodestati).
Tutto ciò che ho vinto io lo ha vinto anche lei. Ma è tutto qui?
Questo può essere molto, ma dipende dagli occhiali che si usano.
In barca non eravamo padre e figlia, ma coprivamo un ruolo dell’equipaggio, che poteva essere di volta in volta modificato.
Abbiamo imparato ad agire assieme, a coordinare i programmi e a gestire le regate;
a studiare i regolamenti, le strategie e le tattiche di regata;
ad applicare il fair-play, ma a difenderci da e con proteste;
ma il più bello era issare la bandiera italiana e cantare l’inno nazionale.
Credo di poter concludere che lo sport della vela vissuto così per 20 anni, dai 5 ai 25, sia servito come mezzo educativo che, nel caso di Alessandra, ha tracciato un solco chiaro e indimenticabile di come comportarsi nella vita.
Ora siamo ancora insieme, per espresso desiderio di Alessandra, a guidare una aziendina di 6 persone, ognuna delle quali con i propri compiti specifici:
Siamo ancora nella stessa barca.
E’ legittimo il dubbio che 20 anni di coppia in agonismo sportivo abbiano influito anche nelle scelte di lavoro e di vita.
Ma quante cose fa lo sport velico…..
Alessandro Gaoso